Ogni anno, all’adempimento dell’obbligo scolastico, moltissimi giovani si trovano di fronte ad un bivio. Studio o lavoro?
I più fortunati si trovano di fronte a questa scelta al raggiungimento della maggiore età, ma non per questo la situazione diviene più gestibile. La consapevolezza di un proprio talento agevola nella decisione. Chi si sente privo di un orientamento così deciso, deve valutare con grande attenzione gli sbocchi lavorativi che si propongono nell’attualità del mercato.
Il mondo del lavoro, molto spesso, guarda con diffidenza alla preparazione scolastica. Molti adolescenti si sentono dire di non risultare adeguatamente pronti all’impegno lavorativo, per non aver avuto un percorso di studi professionalizzante. Può darsi che sia vero e, proprio per questo, negli ultimi anni sono stati introdotti gli stage formativi, che dovrebbero costituire il livello base di un primo curriculum del giovane, che cerca un inserimento operativo e remunerato.
Uno studio dimostra che più della metà dei giovani usciti dalle secondarie di secondo grado non pensa all’università. Solo il 27% ad oggi si è già iscritto ad una facoltà universitaria, segno evidente del calo di iscritti degli ultimi anni.
In media, mentre i ragazzi pensano in maggioranza al lavoro, le ragazze pensano più alla vita universitaria. Quasi il 10% pensa all’estero, per migliorare o imparare le lingue e fare esperienza. I percorsi ideati per agevolare l’inserimento dei giovani nel mondo produttivo, sono molteplici, ma il più gettonato risulta essere l’Erasmus, programma di mobilità studentesca, nato nel 1987, per volontà dell’Unione europea.
Partire per l’estero: un sogno e una grande opportunità per molti studenti
Sono stati 126.207 i partecipanti, nel periodo 2014-2020, gestito in Italia dall’Agenzia Nazionale per i Giovani. Questo consente il confronto diretto tra istituzioni di paesi diversi con l’obiettivo di supportare lo sviluppo di Partenariati strategici dedicati a tematiche prioritarie del programma e progetti di mobilità.
Queste esperienze rafforzano nei partecipanti le competenze numerose e variegate dei differenti ambienti lavorativi. Imprescindibile la conoscenza dell’inglese. I giovani, nella quasi totalità, conoscono questa lingua, ma la differenza viene fatta dal livello di conoscenza della stessa. Non sempre la scuola fornisce una padronanza sufficiente a sostenere anche un elementare colloquio di selezione.
Sono agevolati in questo ambito coloro che hanno svolto studi linguistici, in quanto possono presentare a proprio favore due o tre lingue straniere.
Le competenze più ricercate nei diversi settori lavorativi
Non si può pensare di trovare un lavoro qualificato e quindi retribuito, senza competenze in ambito tecnologico e di coding (15%), capacità di gestire in maniera adeguata le funzioni del pacchetto Microsoft Office (14%), competenze nell’ambito dei social media (12%), il web design (11%) e l’analisi dei dati (data analytics) al 10%.
E i settori industriali nei quali queste competenze risultano sempre più fondamentali sono il finance (93%), l’amministrazione (90%), il settore travel (85%) e la sanità (83%).
Trovare l’emblema di candidato perfetto è molto complicato. Le competenze che mancano maggiormente ai professionisti italiani sono quelle in ambito tecnologico e di coding (36%), le capacità di problem solving (31%), la creatività (30%), l’abilità di gestire i tempi di lavoro in maniera corretta (28%), le competenze nell’ambito del web design (28%), la capacità di collaborazione (27%) e il senso di leadership (26%).
L’importanza di questo mix di hard e soft skill è la chiave d’accesso alle richieste di ogni ambito nel business.
Lezioni a distanza, DAD: un altro ostacolo per gli studenti di adesso
Il supporto informatico e tecnologico si è rivelato fondamentale nell’attuale momento di pandemia. Esso ha cercato di integrare ciò di cui gli studenti sono stati privati: lezione frontale e contatto diretto ed umano con il docente.
Malgrado ciò, il 35% di essi ritiene che la propria preparazione scolastica sia peggiorata. Ciò non è un limite da imputare esclusivamente allo strumento informatico. Il rapporto docente-discente è fortemente impastato di umanità e questo rallenta l’efficacia della cosiddetta DAD.
La stima è che almeno 34mila studenti delle superiori, per la chiusura delle scuole, potrebbero trovarsi a rischio di abbandono scolastico.
È inutile sottolineare quanto tutto ciò possa rendere drammaticamente difficile una situazione già di per sé ardua. Lo studente dovrebbe dimostrare una grande maturità e saper integrare con un impegno personale, quanto gli viene imposto da una condizione pandemica.